Storia e Folklore Calabrese

di Domenico Caruso


S.Martino: un paese e un Santo

11 Novembre: S.Martino un paese e un Santo

Novembre è particolarmente ricco di date e di avvenimenti che, in passato, servivano come punto di riferimento sia nel mondo agricolo sia nella vita civile. Prima che la Chiesa occidentale istituisse la celebrazione di Ognissanti, all'inizio del mese nel vasto territorio dei Celti si festeggiava il Capodanno e l'11 novembre era il loro "Samuin" che durava una decina di giorni.

E non è tutto: anche da noi l'attività dei tribunali, le elezioni municipali, il pagamento delle locazioni, il rinnovo dei contratti, i traslochi, l'apertura dell'anno agrario avevano luogo l'11 novembre.
Lo stesso giorno era caro agli amanti della buona tavola, poiché corrispondeva al Martedì grasso: il giorno successivo, infatti, cominciava il periodo liturgico dell'Avvento con preghiere e penitenze. In Piemonte, perciò, si diceva:
Oca, castagne e vin / ten tut pe' San Martin.
(Oca, castagne e vino tieni tutto per S. Martino).
Nel nostro paese per la solenne ricorrenza era valido il proverbio:
Per S. Martino ogni mosto è vino.
E come per ogni altra comunità, occorreva rispettare l'usanza:
Chi non gioca a Natale, / chi non balla a Carnevale,
chi non beve a San Martino / è un amico malandrino
.
Se, dunque, il giorno di S. Martino (11 nov.) è importante dappertutto, nel nostro paese - che ha il Santo per Patrono - si rivela eccezionale.
Sono 455 località in Italia e 238 in Francia, secondo il Rohlfs, che riportano il nome di Martino.
L'effigie del Santo, nato nel 316-317 e morto nel 397, conosciuto per la sua carità, nella nostra Chiesa parrocchiale è molto suggestiva. Il giovane cavaliere, poco più che ventenne, dall'alto del suo cavallo taglia con la spada il suo mantello per dividerlo con un povero. La statua, opera dell'illustre scultore in legno Francesco De Lorenzo di Varapodio, risale all'800.
L'artista, si racconta, che aveva impiegato oltre tre anni per scolpirla, si era tanto affezionato alla sua creatura da contemplarla notte e giorno.
Perciò, quando i sammartinesi che l'avevano commissionata si recarono a ritirarla, dal balcone invocava a gran voce Martino perché non si separasse da lui. E fu tale il dolore provato nel vederlo allontanare che da lì a poco s'ammalò e presto andò a raggiungerlo in Cielo per ammirare in eterno il Suo volto radioso.
La devozione del nostro paese per S. Martino non è mai venuta meno. Ciò è confermato dalla testimonianza del mio genitore Rocco Caruso che in una sua pubblicazione del 1959 ricorda: "La tradizione storica della festa nell'anno 1917 solo per volere del Santo non si spezzò. Infatti, il 10 novembre di quell'armo il sig. Girolamo Muratori, allora delegato sindaco del paese, un po' turbato per il furente incalzare della guerra mondiale, aveva stabilito di sospendere la celebrazione. Ma S. Martino gradiva che le anime, nei giorni della Sua ricorrenza, potessero riconciliarsi con Dio chiedendo perdono dei loro peccati, ed andò dal sindaco per esortarlo a solennizzare la Sua giornata.
Nella notte, come a S. Severino - vescovo di Colonia ed a S. Ambrogio che nel medesimo istante faceva vedere la Sua gloriosa ascesa al Cielo, appariva anche al sig. Vincenzo Romeo, uomo benestante, molto devoto al Santo e capo del comitato per i festeggiamenti.
Mentre quest'ultimo stava all'aperto, nel fondo Chiusa-Ciani da lui tenuto a colonia, scrutando il cielo che si faceva minaccioso, fu abbagliato da una luce vivissima che l'indusse ad inginocchiarsi. Appena si riebbe, alzò la testa per controllare il fenomeno che l'aveva costretto a tale posizione e gli si parò dinanzi un cavaliere, circondato da un'aureola meravigliosa.
Il misterioso personaggio l'invitò, quindi, a prestare la sua opera affinché la festa patronale si svolgesse come gli anni precedenti.
Scomparsa la visione, il Romeo si alzò da quell'atteggiamento di adorazione e sconvolto si portò a casa del sindaco per riferire l'accaduto e stabilire sul da fare. Ma con grande meraviglia, appena giunto dal Muratori, trovò il primo cittadino che, inginocchiato dinanzi all'immagine del Santo, implorava la benedizione. Entrambi si recarono dal rev. don Giulio Celano ed - esposti i fatti delle singole apparizioni - decisero di aprire quella sera stessa la chiesa e al suono delle campane invitare i fedeli alla preghiera, in segno di pentimento e di omaggio all'eccelso Santo".
Sono trascorsi più di sedici secoli dalla morte e la devozione per il Santo, per le sue miracolose virtù di taumaturgo, ha raggiunto ogni angolo della Terra.
Anche quest'anno la ricorrenza dell'11 novembre ha richiamato nel nostro paese una moltitudine di persone. Martino, che con la parola e l'azione non ha mai smesso di annunciare il Vangelo, rappresenta il vero modello cristiano da imitare se vogliamo meritare le grazie divine.
Il programma religioso, seguendo un'antica consuetudine, ha avuto inizio il primo novembre con la novena e l'esposizione della statua del Santo. E' seguito il programma civile con il ballo in piazza dell'asinello ('u ciucciu) ed i fuochi pirotecnici. Alle ore 7 della vigilia, 10 novembre, dieci colpi di mortaio hanno svegliato i più pigri e rincuorato i dubbiosi.
Il giorno della festa, poi, i colpi di mortaio sono stati undici, quanto i giorni del mese, e alla processione per le vie cittadine - che si è svolta dopo la solenne Messa delle ore dieci - ha partecipato l'intero paese.
Durante i due giorni della festa, cantanti, concerti bandistici, tamburi, sagre e giochi popolari hanno entusiasmato tutti.
Il clamoroso applauso che ha concluso le manifestazioni ha avuto un significato di augurio e di promessa a mantenere sempre vive le nostre tradizioni.

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