Storia e Folklore Calabrese

di Domenico Caruso


Poesia dialettale

Salvatore Giovinazzo

Numerosi poeti di Cittanova (Reggio Calabria) hanno, in ogni tempo, levato il loro inno all'amore e alla bellezza; ma nessuno come Salvatore Giovinazzo è stato anche amico di "Sorella Morte".
La sua dolorosa storia ha suscitato nell'ultimo dopoguerra il nostro interesse di studenti aperti ai misteri della vita.
Come ha scritto Francesco De Cristo: "Nacque un giorno l'amore tra il Poeta trascinante la sua pena infinita sulla croce delle grucce, e la bella fanciulla tredicenne dagli occhioni azzurri spalancanti lo stupore dello zaffiro sotto una meraviglia di riccioli falbi. La natura beffarda ne aveva fatto di lui il prototipo dell'infelicità umana; grande cuore in corpo deforme. Trascinava la sua pena strisciando per terra, quasi dovesse rappresentare il continuo umiliarsi dell'anima umana verso l'infinito che la opprime".
Dall'opera postuma: "Vampi…", consideriamo il delicato quadretto di spensierata giovinezza davanti alla monumentale Chiesa di S. Rocco:
Ancora con l'aiuto del Direttore Didattico De Cristo, studioso di vasta cultura, ripercorriamo le tappe fondamentali dell'infelice Poeta la cui "Musa non ha accenti di gioia: volle cimentarsi alla fiamma distruggitrice dell'amore e ci rimise le ali; è la solita, l'eterna storia della falena, o, se più vi piace, della farfalla che svolazza intorno al lume: storie e motivi che si ripetono con esasperante monotonia da che mondo è mondo".

Ritroviamo in Giovinazzo quel desiderio verso la donna amata più volte riscontrato nel canto popolare, come dall'esempio che riportiamo dal nostro paese S. Martino di Taurianova:

La sorte di Salvatore Giovinazzo è ormai segnata e le sue invocazioni non giungono alla donna amata:

Per mancanza di olio, quella del poeta è una "lampa astutata":

Quando tutto svanisce, ha affermato nel 1930 Francesco De Cristo: "nell'anima deserta non rimane che il nulla: Fumo è la vita…ed ecco, accorati accenni, che richiamano i più tremendi momenti della passione leopardiana…":
Ma al cuore non si comanda, per quanto respinto l'amore torna impetuoso:
Ha scritto ancora De Cristo: "Il poeta, accasciato sotto il peso del suo sogno svanito, ancora sotto l'urto della tempesta che lo aveva stroncato, osa rialzare il capo e sperare; osa riaccendere la lampada con l'olio pitoccato alla pietà dei suoi simili!":
Ma ormai, come la fiamma:
"E il dramma precipita: Ruit hora! E si risolve nell'unico vero: la Morte" ha ricordato De Cristo.
"E morì.
In una gelida sera di dicembre.
Ed anche il sole era coperto da una tetra uniforme cortina di nubi.
Breve era stata la malattia: breve ed inesorabile.
I medici, nella freddezza della loro diagnosi, la chiamarono coi nomi strani che servono ad archiviare la serqua di mali che sfociano nel grande mare.
No, uomini di scienza: Egli, attraverso l'Amore, giunse alla Morte!
Privo dell'Amore, movente unico e supremo della vita, morì"
.
(Da "Il Poeta e la Morte" di F. De Cristo, riportato in "Cittanova di Curtuladi" di A. Zito de Leonardis - 1986).
Era il 29 dicembre del 1929 quando Salvatore Giovinazzo, a soli 26 anni, ha reso la sua bella anima a Dio!
Nella sua commemorazione Enrico Marvasi ha sostenuto: "Lo spirito di lui non poteva costringersi nell'arida volgarità del nostro misero mondo, non poteva sorridere gioioso all'alba rosata del nuovo anno, apportatore ineluttabile di nuovi dolori, di nuove tristezze".
Come "ultimo desiderio" del poeta, la bara passò davanti alla casa della "divina monella che diè il colpo supremo al povero cuore".
Ma non finiva così la storia del Poeta:
"La pallida, spettrale Selene non aveva compiuto due volte il suo corso dacchè il poeta riposava in grembo alla Terra madre, che la fanciulla, colpita da male inguaribile, chiudeva alla luce i suoi meravigliosi occhi azzurri". (De Cristo)
L'aveva chiamata il Poeta?
Forse, un giorno, ne sveleremo il mistero!

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