Storia e Folklore Calabrese

di Domenico Caruso


La nostra Piana

Taurianova

(Da: Tiberius Florentino, "Faville e rugiade", Ausonia Printing Company Boston, 1938).

Un po' di storia
Origini.
Lo sviluppo di Radicena, Iatrìnoli (o Jatrìnoli) e S. Martino, antichi casali di Terranova che per la loro posizione geografica si trovano al centro di un importante sistema viario, può considerarsi parallelo. André Guillou, richiamandosi a un documento di donazione, dimostra che Radicena esisteva fin dal 1050 e menziona dello stesso periodo il monastero di Santa Lucia.
Per Padre Russo S. Martino risulta di tarda fondazione bizantina. Il toponimo Radicena deriverebbe (secondo Gerhard Rohlfs) dal latino tardo "radicina" (radice) e Jatrìnoli (per G. B. Marzano) dal greco (medicare, guarire). Domenico Sofia-Moretti è dell'opinione che Radicena (dal gr.) significhi "tenda di rami", essendo il paese circondato da vasti oliveti e giardini.
Essendo piazza Garibaldi di Radicena tuttora denominata "Chianu 'i San Basili", potrebbe darsi che ivi già sorgesse uno dei 137 conventi basiliani che il Marafioti afferma esservi stati nella Piana e che un certo numero di profughi di Tauriana vi trovasse rifugio dando origine alla città. La derivazione di Radicena e Iatrinoli da S. Martino, invece, è dimostrata da D. Valensise. Per lo storico polistenese i mandriani delle campagne di Tauriana, a causa delle incursioni turche (950 d.C.), stabilendosi al di là del fiume Metauro vi costruirono un casale, a cui diedero il nome di San Martino (noto per la Sua divina protezione). Ricco di chiese e conventi e munito di un Castello, esso divenne un importante centro civile e religioso. Ma il suo progresso e la sua tranquillità cessarono con la discesa dei Normanni alla conquista della Calabria. Ruggiero dopo aver saccheggiato e devastato S. Martino, convinto d'averlo sottomesso, si allontanò lasciandovi poche milizie. Ma i fieri calabresi, fin quando non furono costretti alla resa, insorsero e trucidarono gli invasori. In seguito, Ruggiero istituì la sua sede a Mileto, da dove si mosse per espugnare Reggio (1060) prima di passare in Sicilia. Nel frattempo fece ritorno a San Martino, sposò Giuditta di Grantmesnil (1062) e proseguì per Mileto che fu elevato a sede vescovile. San Martino, a sua volta, prima divenne Contea e poi sede di Corti Generali. Ma la sua grandezza venne meno quando dall'altra parte del Marro sorse un altro borgo che i profughi chiamarono con il nome della loro patria, "Tauriana Nova" - poi "Terranova". La località, ritenuta dai Normanni più sicura, fu promossa a Contea e successivamente a Ducato. Così Radicena, Iatrinoli e S. Martino ne diventarono casali seguendone le sorti. Terranova passò - quindi - sotto il dominio feudale dei Lauria, di Saladino Sant'Angelo (1423), dei Caracciolo (1425), di Marino Correale (1° genn. 1458). Nel 1496 la Contea fu conquistata e governata dal generale francese d'Aubigny e nel 1502 fu ripresa da Consalvo de Cordova (il quale poi l'ebbe in dono da Ferdinando ed Elisabetta col titolo di duca). Nel 1558 il Ducato fu venduto al senatore Tommaso de Marinis, prima di finire ai principi Grimaldi di Gerace (1574). "Il Flagello" del 1783 sconvolse la Calabria e rase al suolo Terranova. Costituita la Cassa Sacra, Radicena fece parte del comprensorio D (assieme ad Anoia ed altri centri della Piana) e il suo distretto comprendeva - oltre alla città - Iatrinoli, San Martino e Vatoni. I casali di Radicena e Iatrinoli, con l'ordinamento amministrativo francese (legge 19 gennaio 1807) divennero Università. Nel 1815 fu istituito il Distretto di Palmi a cui fecero parte 35 Comuni, compresi Radicena e Jatrinoli. Il 1° gennaio 1842, unitamente a S. Martino e Terranova (ormai villaggio), i due centri vennero aggregati al circondario di Casalnuovo. Con regio decreto del 16 febbraio - pubblicato nella Gazzetta Ufficiale il 12 marzo 1928 - Radicena, Jatrinoli e Terranova Sappo Minulio (divenuto autonomo nel 1946) formarono il Comune di "Taurianova".

Eventi straordinari
"Il Miracolo".
Erano le ore 19 circa del 9 settembre 1894 allorquando, al termine dei festeggiamenti patronali, dapprima un modesto commerciante e poi alcuni astanti notavano che la venerabile immagine della Vergine della Montagna posta nel Duomo di Radicena presentava il volto trasfigurato e muoveva gli occhi rifulgenti di luce con singolare vivacità. Al richiamo seguì un accorrere di folla e persino i più scettici assistettero allo straordinario evento.
La sacra statua fu, quindi, portata in solenne processione per le vie cittadine: il Suo volto aveva assunto un'espressione celestiale e gli occhi continuavano a muoversi a destra e a sinistra, in alto e in basso. Come se ciò non bastasse verso mezzanotte, quando l'effigie si trovava nei pressi di Iatrinoli, si verificò un altro prodigio. La luna in cielo fu attraversata da due enormi fasci luminosi (come al tempo di Costantino) formando subito una gran Croce fra lo stupore generale. Era la conferma eloquente della protezione divina dai disastri tellurici che da lì a poco si sarebbero verificati. Né a Radicena, né a Iatrinoli - infatti - si ebbero a lamentare vittime umane.

Apparizioni di S. Martino.
I sammartinesi, anche nei periodi di calamità, celebrarono la ricorrenza del loro Patrono. Come testimonia il mio genitore, Rocco Caruso (in una sua pubblicazione del 1959), la tradizione storica della festa nel 1917 solo per volere del Santo non si spezzò. Infatti, il 10 novembre di quell'anno il sig. Girolamo Muratori, delegato sindaco del paese, turbato per le dolorose conseguenze della guerra mondiale, aveva stabilito di sospendere la festa. Ma San Martino si presentò dal primo cittadino per farlo desistere dall'inopportuno proposito. Nel medesimo istante il sig. Vincenzo Romeo, capo del comitato per i festeggiamenti, fu abbagliato da una gran luce che l'indusse ad inginocchiarsi. Riavutosi, alzò lo sguardo per osservare il fenomeno e rimase sbalordito per l'improvvisa apparizione di un cavaliere circondato da un'aureola soprannaturale. Il misterioso personaggio l'invitò a prestare la sua opera affinché la festa non venisse interrotta. Il Romeo, quindi, sollevatosi sconvolto si recò a casa del sindaco per riferire l'accaduto e stabilire sul da fare. Appena giunto, trovò il Muratori inginocchiato dinanzi all'immagine del Santo che implorava la benedizione. Entrambi si portarono dal parroco don Giulio Celano ed - esposti i fatti - decisero di aprire la chiesa e al suono delle campane invitare i fedeli alla preghiera, in segno di pentimento.

Feste e ricorrenze principali
Celebrazioni civili e religiose: S. Giuseppe (19 marzo); S. Antonio (13 giugno, con inizio della "tredicina" il 31 maggio); Maria SS. del Carmelo, patrona di Iatrinoli (15-16 luglio, annunciata il 6 del mese); Madonna della Montagna, patrona di Radicena e dell'intera città di Taurianova (7-8-9 settembre, preceduta da "'U 'mbitu" il 29 agosto); Madonna della Colomba a S. Martino (tra 30 luglio e 6 agosto); S. Martino, patrono dell'omonimo paese (10-11 novembre, con inizio della novena e tradizionale "ballu du' ciùcciu" il 1° novembre); Madonna Immacolata ad Amato (mese di maggio). Tra le altre manifestazioni ricordiamo: La festa della Bandiera il 4 novembre, con deposizione di una corona ai tre monumenti ai Caduti; la sagra delle "crespelle" a marzo, quella del vino a novembre (S. Martino) e la "zeppolata" a dicembre.

Detti e proverbi
'A troppa carità scianca 'a vèrtula. (L'eccessiva carità strappa la bisaccia del questuante). Cchjù pochi simu e mègghju stamu. (Meno siamo e meglio ci ritroviamo). Cchjù randi è 'a navi e cchjù pisu porta. (La nave più grande porta un maggior peso). Cu' jntra ti menti fora ti càccia. (Chi porti dentro ti metterà fuori). I dinari fannu veniri 'a vista a l'orbi. (I danari fanno acquistare la vista ai ciechi). L'omu onestu mori 'mpisu. (L'onesto finisce impiccato). No' grazzii e no' mèriti 'i Ddiu. (Né grazie né meriti di Dio). Se no' lungi no' mungi. (Se non ungi non mungi). 'U mbasciaturi no' porta pena. (Ambasciatore non porta pena). 'U pèju è arretu. (Ci si attende il peggio).

Canti popolari
Lustru di l'occhi mei, non dubitari
ca sta 'm potiri toi la vita mia;
li mali lingui dàssali parlari
ca pàrlanu pe' 'mbìdia e gelusia.
Sai quandu, bella, ti dassu d'amari?
Quandu vita no' 'nc'è supra di mia!.
(Dalla rivista: "La Calabria" del 1889 - "Canti popolari di Iatrinoli").

Se ti veni lu cori mu mi vidi,
'ffàcciati a la finestra all'orienti:
se vidi ventu su' li me' suspiri,
se senti caddu è lu me' focu ardenti.
Senti gridu di mari, non t'atterrìri:
sunnu làcrimi me', hiumi currenti.
(Dai "Canti d'amore di San Martino" di D. Caruso).

Personaggi principali
Fra gli scrittori, i poeti e gli studiosi ricordiamo: Tiberio Condello in arte Tiberius Florentino (1904-1962), che esordì come attore negli Stati Uniti dove pure insegnò nelle Università, autore di poesie - novelle e romanzi; Gian Francesco Gemelli Careri (1651-1725), appassionato viaggiatore che scrisse il "Giro intorno a mondo"; Padre Silvestro al secolo Pietro Morabito (1929-2005), autore fra l'altro de: "I Cappuccini calabresi nel mondo" e de "I Papi calabresi nella storia e nelle tradizioni"; Antonio Renda (1875-1959), filosofo, docente universitario e autore di parecchi scritti; Giuseppe Romeo Toscano (1895-1981), docente - storico ed autore di molti volumi editi ed inediti; Francesco Sofia Alessio (1873-1943), poeta e umanista, vincitore dei più prestigiosi premi mondiali con poemi latini; Francesco Sofia Moretti (1851-1914), medico - letterato - poeta e romanziere. Fra gli artisti: Pietro Barillà (1887-1953), pittore; Alessandro Monteleone (1897-1967), docente e scultore di fama; Vincenzo Romeo (1878-1942), scultore. Fra i cappuccini che si sono distinti per il loro carisma, operando miracoli: Angiolo († 1575) e Francesco († 1574) da S. Martino; Arcangiolo († 1636) e Bonaventura († 1575) da Radicena.

Il dialetto
Vocaboli di Taurianova:
Accèndari (sm. pl.), fiammiferi, cerini;/ ammucciari (v. tr.), nascondere, celare; (intr.), rifugiarsi, rimpiattarsi;/ brìcciu (sm.), breccia, ghiaia;/ casolaru (sm.), formaggiaio;/ ccùcchia (sf.), coppia, paio, pariglia;/ divacari (v. tr.), vuotare, versare, travasare;/ fìlicia (sf.), felce;/ fòrgia (sf.), fucina; bottega del fabbro;/ granatara (sf.), melograno;/ gurna (sf.), gora, pantano;/ jornataru (sm.), giornaliero;/ longòriu (sm.), spilungone;/ mappina (sf.), cencio, canovaccio;/ muzzuni (sm.), cicca, mozzicone;/ 'ngrisi (agg.), inglese;/ sali 'ngrisi (sm.), solfato di magnesio;/ patannostri (sm. pl.), corona del Rosario;/ pignara (sf.), pino;/ restùccia (sf.), seccia, stoppia, paglia;/ scupetta (sf.), schioppo; fucile ad una canna;/ trùscia (sf.), involto, fagotto; (fig.) miseria, povertà, scarsità;/ vopa (sf.), boga; specie di pesce;/ zzòrria (sf.), boria, albagia, alterigia, superbia.

E per finire
Al mio paese
non c'è più nessuno.
E quando è sera
una campana suona
tra filari di tedi
e di partenze.
Già salgono i ricordi
dell'antico greto che piange
forse inutilmente.
O primo amore,
fatto di dolcezza,
non sai che grava l'ombra della sera
e tenerezze non vi sono intorno...
(Da: Salvatore Sofia, "Case di fede nel Sud", 1980).

(L'argomento è stato trattato da Domenico Caruso nella rivista "La Piana" - Anno IV n. 10 - Ottobre 2005).

Si autorizza la pubblicazione su Internet dei contenuti del presente sito, previa esplicita citazione della fonte.

Copyright © 1996 Domenico Caruso