Storia e Folklore Calabrese

di Domenico Caruso


Folklore calabrese

S. Elia e il diavolo

Nel giorno della Calabria, Dio si trovò in pugno 15 mila kmq. di argilla verde con riflessi viola e pensò di creare il suo capolavoro: un meraviglioso paese per due milioni di abitanti al massimo. Tutto procedeva per incanto, ad ogni località il Signore aveva assegnato i suoi doni (come a Palmi il fico e alla Pietrosa la rondi-ne marina), quando "fu preso da una dolce sonnolenza in cui entrava la compiacenza" per l'opera compiuta. Del breve sonno ne approfittò il diavolo per aggiungere alla nostra Terra calamità e dominazioni, miseria e omertà.
Come prosegue in "Calabria grande e amara" lo scrittore palmese Leonida Rèpaci, "quando aperti gli occhi, poté abbracciare in tutta la sua vastità la rovina recata alla creatura prediletta, Dio scaraventò con un gesto di collera il Maligno nei profondi abissi del cielo".
La nostra Regione, "ricca di meravigliosi spettacoli della natura" (F. Lenormant), vanta una storia millenaria che sfocia facilmente nella leggenda.
Così, mentre tutti apprezziamo il Sant' Elia per avere là trascorso qualche ora del nostro tempo libero ammirando dalla sommità del monte, seduti accanto alle tre croci, la panoramica città di Palmi, pochi indaghiamo sul mito che lo riguarda.
Fra i tanti poeti che hanno decantato l'incomparabile bellezza dell'altura, scegliamo i sublimi versi del catanzarese Giuseppe Casalinuovo: Sulle rovine di un più antico tempio, "clarissimum et celeberrimum", (distrutto da "Il Flagello" del 5 Febbraio 1783), dal quale ha preso il nome quel monte, è stata edificata nel 1804 la Chiesetta di S. Elia.
Si narra che il Santo poverello, giunto da Enna, avesse scelto quel colle chiamato "Aulinas" (che in greco sta ad indicare una grotta destinata alle greggi) per sottoporsi ad una severa penitenza e fondare un monastero.
Intanto si era costruita una piccola cella fra le rocce, dove si rifugiava a pregare, felice della sua povertà e della sua solitudine. Il cibo era costituito da bacche, cardi ed erbe selvatiche, la bevanda era semplice acqua. Se il suo corpo era gracile, non altrettanto poteva dirsi della sua anima che si rafforzava sempre più nella fede e nella perfezione.
Invidioso di ciò, il Demonio pensò di corromperlo con una pioggia di monete d'oro e d'argento. Ma Sant'Elia Juniore, che era detto il Profeta, respinse quel tesoro nelle acque sottostanti e si rinchiuse nella grotta a digiunare e fare penitenza. Il Perri sostiene che il Santo, preso da un sùbito furore, abbia maledetto Satana e che, cadendo in ginocchio, abbia afferrato quelle monete a piene mani cominciando a lanciarle giù per la china del monte fino alla riva. E a mano a mano che esse toccavano il suolo, diventavano nere come carboni.
Ma il Maligno predispose una seconda tentazione: una tavola imbandita con ogni sorta di vivande.
Il poverello a questo punto, indossato il cilicio, s'impose una dura disciplina.
Allora Satana, in veste di bellissima fanciulla, si presentò al Santo.
Elia, dalla luce sinistra che vide negli occhi della giovane, comprese che si trattava del Diavolo e con un energico ceffone lo respinse verso il precipizio.
Il tentatore nel cadere andò a colpire, con pugni e ginocchia, una grande pietra lasciandovi impressa una delle sue enormi zampe.
Secondo la versione del Perri, sul macigno incandescente, che si trovava a breve distanza dalla capanna del Santo anacoreta, il Demonio ha spiccato un salto prime di aprire le sue smisurate ali di pipistrello. Vi sono rimaste, così, le impronte delle sue eccezionali unghie. Nel lontano punto in cui è precipitato o si è gettato rabbioso fra le acque, è riemerso lo Stromboli, che erutta fuoco e lava ogni qualvolta viene agitato dallo Spirito infernale ivi prigioniero.
Ben diversa risulta la narrazione del palmese Antonio Minasi, che riportiamo per appagare la curiosità di chi legge: "Quel giorno Sant' Elia, reggendosi a stento sul suo bastone, passeggiava tranquillamente, intento alle sue preghiere, lungo i viottoli, se allora ne esistevano, del monte che più tardi da Lui prese il nome. Finalmente il suo convento sarebbe sorto! Satana fino allora aveva cercato d'impedirglielo, diroccando di notte quanto egli con l'aiuto dei confratelli andava facendo di giorno.
Ma, una volta colto in flagrante il demone, il Santo Frate lo aveva scaraventato nel mare sottostante e con tale violenza che nel suo precipitare Satana aveva lasciato, nell'urtare contro un masso di granito, ancor oggi visibile, le impronte del suo corpo.
Ma quel demone, come ogni buon demonio che si rispetti, tornò a tentare il Santo.
- Ancora qui? - disse S. Elia, chiudendo sorpreso il suo libro di preghiere.
- Già! - fece Satana - Sono venuto a farti delle proposte e se le accetterai non ti disturberò più.
E il demone espose al frate un piano, che dato l'autore era veramente diabolico:
Elia avrebbe dovuto lanciare il suo grosso bastone nel sottostante mare e, dove questo fosse caduto, ivi Satana avrebbe potuto formare un covo d'inferno.
Il Frate acconsentì e il suo tentatore si fregò le mani pensando che il Santo, ormai vecchio e debole, non avrebbe lanciato troppo lontano il suo nodoso sostegno. Con grande stupore però, vide il legno miracolosamente volare alto nel cielo, per cadere poi all'estremo limite dell'orizzonte su un piccolo monte: lo Stromboli. Suo malgrado Satana dovette colà trasferirsi, ma, benché relegato laggiù, continua ancor oggi a sputar fuoco attraverso la bocca della montagna, mentre di tanto in tanto cerca invano di evadere da quella sua prigione, sconquassando la terra che lo trattiene". Il Parpagliolo riferisce che S. Elia Juniore, siciliano, ebbe una vita avventurosa; morì nel 903, durante un viaggio in Tessalonica e la salma fu dai suoi seguaci tra-sportata sul monte e tumulata nel convento.
Elia, prima di morire, aveva previsto l'arrivo in quei luoghi del Santo suo omonimo, Elia lo Speleota: il quale, infatti, da Reggio, dove risiedeva, giun-se dopo la morte del Profeta e fu abate del convento, dove morì a novantasei anni.
Dopo quanto esposto, chi volesse scorgere tuttora l'orma del Diavolo deve recarsi sul monte, da dove Elia Juniore protegge la città di Palmi, nonché la Piana di Gioia Tauro ed in modo particolare S.Martino di Taurianova, che cela agli occhi indiscreti arcane sorprese.

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