Storia e Folklore Calabrese

di Domenico Caruso


Lettere e contributi

C'è posta per te!

L'interesse suscitato da "Storia e folklore calabrese" ha superato ogni previsione, per cui non mi è stato possibile inserire nella presente sezione diverse centinaia di domande e di consensi. A tutti ho risposto privatamente e, per venire incontro a tante richieste, ho aggiunto l'area "La nostra Piana".
C'è chi si è partito da lontano per incontrarmi e discutere i temi trattati e chi ha richiesto la mia collaborazione in vari campi culturali. Con alcuni, addirittura, ho compiuto delle escursioni nei luoghi del nostro passato (come la visita ai ruderi del "Castello" di S. Martino effettuata con Giovanni A. di Martina Franca).
La presidente della Lega donne calabresi dell'Argentina Irma Rizzuti, nel congratularsi per il mio lavoro, ha espresso il desiderio di poter leggere altri servizi sul nostro mondo femminile.
Parecchi canti, tradizioni e preghiere di S. Martino e di Laureana di Borrello da me raccolti sono stati inseriti nel sito "pietates", come pure il mio vocabolario dialettale del Comune di Taurianova si può consultare nel portale "Calabriamente".
L'amico Jim Scarano è giunto da Sydney per farmi omaggio del suo pregevole libro "Dai Boschi ai Grattacieli" (in inglese "From Scrub to Skyscrapers"), che rievoca la sua infanzia nella Locride.
Di recente, abbiamo intrapreso un dialogo costruttivo anche con la nota studiosa Antonia Bertocchi, antropologa ambientalista, che si è dimostrata interessata alle nostre tradizioni.
Numerose sono state le informazioni da me fornite su "Natuzza Evolo" (della quale ho scritto nei "Fatti straordinari in Calabria"). Persino la redazione della rubrica "Cominciamo bene" di Raitre, in data 21/4/2004 mi ha interpellato per un aiuto, poiché era sua intenzione di ospitare la mistica di Paravati nell'imminente trasmissione del 29 aprile dal titolo "La nostra vita finisce qui?".
Fra gli argomenti esaminati con i lettori non sono mancati quelli relativi ai nostri prodotti tipici. Ad esempio, la signora Orietta Z. D. V., incaricata dall'Istituto Nazionale di Sociologia Rurale di Roma di catalogare le paste italiane, mi ha pregato di descriverle la "struncatura", in passato cibo dei poveri confezionato con crusca (e ingredienti essenziali: aglio, acciughe, prezzemolo e peperoncino in abbondante olio di oliva).
Il gemellaggio con la città di Pisa, inoltre, mi ha impegnato nella ricerca storica e linguistica di Toscana e Calabria.
Dalle tante e-mail di persone della nostra Piana che hanno ricordato il luogo d'origine, ho scelto a caso quella di Eleonora V. che ha affermato: «...leggo con estremo piacere le sue ricerche che riguardano la nostra bellissima Terra. Io vivo a Roma dal 1963 e sono nata a Cannavà di Rizziconi, [...] villaggio edificato nel '700 dai nobili del tempo (i duchi di Cardinale - origine borbonica) allo scopo di coltivare la canapa da cui la derivazione del nome Cannavà. Il paese è stato realizzato secondo l'architettura dell'era feudale: la piazzetta con due palazzi signorili e intorno le piccole case, ormai vuote ma rimaste intatte, la chiesa costruita nel '700 da artigiani napoletani, una bellissima fontana di pietra ad anfiteatro (distrutta poi da uno dei principi che vi risiedevano, per "abbellire", si fa per dire, o meglio deturpare il loro palazzo. Io, del mio piccolo borgo, ho ricordi struggenti e acutissima nostalgia. La prego, se può fare qualche ricerca più approfondita [...] ». Ho ringraziato Eleonora, assicurandole che avrei cercato di esaudire la sua richiesta. Intanto, al più presto, pubblicherò nella sezione "La nostra Piana" la storia di Rizziconi.
Molti apprezzamenti mi sono pervenuti anche dalle altre nostre province, come dalla confidenziale lettera dell'ing. Ercole Iozzi: «Caro Micuzzo, ti scrivo per ringraziarti di quanto stai facendo per tenere viva la nostra "calabresità". Ero ragazzo e mio padre era sindaco di Crotone quando tutti nella mia città conoscemmo Leonida Repaci e apprezzammo il suo libro "Calabria grande e amara". [...] T'invio un mio componimento, più che altro per testimoniare la malinconia verso la nostra Terra, dal momento che non mi considero un poeta. [...] Ti saluto con affetto e ammirazione...». Ed ecco la lirica dell'amico Ercole, dal titolo: Terra di Calabria.

Fossili millenari sulle colline d'argilla
Graniti a brandelli per il lungo tempo
Vitigni antichi di antiche migrazioni.

Terra bagnata di sangue
Riscatto di secolari latifondi
Terra di bibliche migrazioni
E di infiniti ritorni.

Calabria grande e amara
Di te melanconici ricordi
Ispiri ai figli tuoi.

Per quanto riguarda il grande scrittore palmese Leonida Repaci, che ho avuto l'onore di conoscere personalmente (v. in "Storia della Calabria"), di recente in "Wikipedia Italia", l'enciclopedia libera online, è stato creato un link col mio sito Internet per un "approfondimento".
Rivolgo un ringraziamento particolare pure a quei giovani che, nell'apprezzare la mia opera, hanno inviato loro composizioni. Ha scritto, a proposito, Paolo Arcella, originario di Longobardi (VV): «Ho cercato, errando e navigando nell'immenso mare della rete, qualche isola nella quale ci fosse qualcuno che si occupasse della poesia in vernacolo calabrese, prodotto che scarseggia nei suoi creatori di righe svanendo pian piano come una nave all'orizzonte. [...] La ringrazio degli utili consigli, attraverso i lavori letterari, affinché la mia linea si affinasse sotto il profilo dell'ortografia. [...] Ho sempre amato la mia terra e sempre l'amerò, ma vorrei provare a far capire a coloro i quali si sono dovuti allontanare da essa, che la nostra casa è lì, che un giorno forse torneremo e che i nostri valori, la genuinità, i colori, la lingua non sono trascurabili, in quanto sono nostri...». Del nostro poeta riporto, quindi, un breve componimento dal titolo: 'Nu minutu dopu?

O stija 'i l'universu, o tu chi luci,
t'azzippi chianu chianu o' lucernaru,
ricoji i manovali a occhiu e cruci,
quandu di la fatiga terminaru.
Ti guardu 'nto minutu chi ti curchi,
quandu 'nta li petri ti ricoji:
ti jetti 'nta lu mari a rutta 'i coju
cu' tuttu lu caluri ch'hai d'incoju.
Arredi o' sipaluni mi 'ndi vaju,
'a scena non m' 'a pozzu mai perdiri,
ha vojia ca mi chiamanu 'i luntanu,
jè 'nu minutu chi m'haju a godiri.
S'arrussicannu l'occhi, oh chi vrusciuri
quandu 'nda l'acqui tu 'nd'hai e trasiri,
'na lacrima mi scappa e no' pe' chistu:
pe' tuttu lu cuntornu chi sai offriri!

E dopo questo suggestivo tramonto non mi rimane per il momento che ringraziare i visitatori, sperando di poter offrire per l'11 novembre 2007 sia agli amici di S. Martino che a tutti i devoti del nostro Santo Protettore (dopo 1610 anni dalla Sua gloriosa ascesa al Cielo) un gradevole dono.

Si autorizza la pubblicazione su Internet dei contenuti del presente sito, previa esplicita citazione della fonte.

Copyright © 1996 Domenico Caruso